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Universal Design for Learning

Universal Design Learning

L’Universal design for Learning nasce da un movimento che ebbe luogo negli Stati Uniti e che aveva come punto di riferimento il tema degli edifici e delle architetture, il movimento dell’Universal Design che intendeva proprio promuovere i lavori, degli studi di progettazione che tenessero in conto le diversità e le differenze della popolazione che poi era chiamata a utilizzare ed abitare gli edifici che venivano progettati e quindi poi realizzati.

Secondo questo movimento, infatti, le caratteristiche dell’ accessibilità devono essere progettate e previste fin dall’inizio, fin dalle prime fasi della progettazione e non essere inserite ed integrate come una sorta di “cerotto” soltanto quando il progetto era già in stato avanzato, avviato o addirittura concluso.

Naturalmente questo tipo di interventi pensati in fase di progettazione si rivelarono essere, e si rivelano tutt’oggi, assolutamente meno costosi e più gradevoli dal punto di vista estetico oltre che più funzionali. Quindi partendo proprio dalle mosse di questo movimento, finalizzato alla progettazione universale, ebbe luogo e nacque l’Universal Design for Learning, specifico per l’apprendimento basato proprio sulle stesse logiche di quello delle architetture ovvero trattando fin dall’inizio, nella progettazione, le differenze e le diversità che caratterizzano l’essere umano e non soltanto quindi dal punto di vista delle disabilità, come vedremo. È stato infatti dimostrato che molti dei cambiamenti introdotti per rispondere alle esigenze delle persone con disabilità in realtà erano favorevoli e utili e funzionali per tutti, anche normodotati.

Qui vediamo la scala di un edificio scolastico, che non prevede l’accesso per i disabili che probabilmente potrebbe essere inserito secondo la logica di cui parlavo prima con un accesso dedicato che naturalmente limita molto l’accesso alla scuola perché è l’unico punto dal quale si può accedere evidentemente per i portatori di handicap è questo e ha un impatto, inficia anche l’estetica la gradevolezza dell’edificio stesso. 

Quindi tornando all’Universal Design for Learning l’idea base, quella comune, standard è che le persone, gli studenti in questo caso, che hanno difficoltà nell’apprendimento devono in qualche modo adattarsi all’edificio come in questo caso diventa il curricolo, quindi o vengono abilitati per loro dei percorsi paralleli, cosiddetti speciali, oppure soffrono e soffriranno sempre l’esperienza dell’apprendimento nel ciclo di studi obbligatorio, in un certo senso un po’ come quella rampa aggiunta all’edificio.

Quindi l’idea alla base dell’Universal Design for Learning è proprio quella di andare a ridurre queste barriere per consentire a tutti di avere uguali opportunità di apprendimento e fin dall’inizio, quindi fin dalle prime fasi progettuali. 

Il testo dal quale ho estrapolato questi materiali, che si intitola proprio Universal Design for Learning, sostiene che siano i curricoli ad essere disabili non gli alunni, proprio un rovesciamento drastico e copernicano dal punto di vista della progettazione curricolare.

uguaglianza vs equita

Questa immagine ci riconduce ad una riflessione sul concetto di uguaglianza ed equità: vediamo come il concetto di uguaglianza che comunque è una connotazione molto positiva, in realtà tratta allo stesso modo persone diverse e quindi non è equo e vediamo nella parte destra della vignetta che cosa si intende per equità ed è proprio quello che vuole cercare di mettere in atto lo Universal Design for Learning.

sistema educativo vignetta

In questa altra vignetta, abbastanza nota, si vede un altro caso, un altro esempio di mancanza di equità a scuola, che in questo caso si riferisce al momento della valutazione dove la giuria dice… al fine di un’equa valutazione… dovete fare tutti lo stesso esame quindi scalate quell’albero ovviamente limitando moltissimo il pesce nella boccia dell’acqua ma non solo. 

La frase di Albert Einstein chiaramente ancora rinforza questo messaggio e va in questa direzione. 

Invito tutti a leggere il testo che sto utilizzando come riferimento per questo articolo: Giovanni Savia “Universal Design for Learning”, qui vengono spiegati i principi e linee guida per progettare un curricolo veramente inclusivo. Come già un po’ detto, l’Universal Design for Learning si contrappone, prende proprio le distanze dal concetto di “idealtipo medio” come lo ha chiamato Dario Ianee. Qui in questo caso la differenziazione non avviene nel compito, non si fanno dei percorsi paralleli ma viene prevista una differenziazione che è qualitativa e che affonda le radici in anni di ricerca che basano le proprie indagini, le proprie riflessioni sulle evidenze che provengono dal settore delle neuroscienze. 

Quindi l’Universal Design è un approccio che tiene conto della normale variabilità dell’essere umano.

Quando parliamo di variabilità dell’essere umano uno dei principali studi, forse tra i più famosi, che possiamo menzionare in questa direzione è il già rammentato saggio di Gardner sulle intelligenze multiple che inizialmente, nelle sue prime riflessioni erano sette poi ne aggiunse due, quindi in totale sono 9, e vediamo come un essere umano è una combinatoria di preminenze, non è che abbiamo soltanto una di queste 9 intelligenze, ne abbiamo alcune più sfumate altre più emancipate, ognuno di noi è, oserei dire, piacevolmente diverso.

Quindi il senso di questa riflessione è che l’Universal Design for Learning parte da un concetto di inclusività che è un concetto di inclusività a 360°. Certamente ci riferiamo agli studenti che hanno delle disabilità certificate ed accertate, ma, come dicevamo all’inizio, questa ri-progettazione è un’idea inclusiva che tiene conto anche degli stili cognitivi degli studenti fin dall’inizio. Questo approccio in realtà porta benefici a 360° a ciascuno di noi perché tutti in realtà abbiamo dei bisogni educativi speciali ed ognuno di noi è portatore di uno o più bisogni educativi speciali.

Quindi come dicevo poc’anzi invece di partire proprio dalle etichette di disabilità, DSA, BES, H e così via dicendo l’Universal Design for Learning mette veramente al centro l’individuo e la persona al fine di capire ed evidenziare quelli che sono i bisogni educativi essenziali quindi progettare fin dall’inizio degli interventi personalizzabili per tutti, a 360°.

zona di sviluppo

In questa immagine si vede una rappresentazione grafica dello studio di Vygotskij sulla zona di sviluppo prossimale dove vediamo che la zona 1 è quella dove lo studente, in chiave di: sviluppo e di comprensione e sviluppo della persona, si trova. In questa zona, nella quale lo studente è autonomo, ovvero possiede già gli strumenti per potersi orientare e muoversi con autonomia nel percorso dell’apprendimento.
Invece la zona 3 è il salto, irraggiungibile, perché ancora troppo lontano e viene chiamato infatti la zona di sviluppo potenziale, cioè una zona che in quel momento specifico lo studente, l’individuo non può raggiungere né da solo né con il supporto di un mentore, di un docente, di qualcuno che lo segua.

Molto più interessante è la zona di cerniera, la cosiddetta zona di sviluppo prossimale dove si ha la crescita e si ha lo sviluppo proprio perché si aggancia alla zona 1 ma necessita naturalmente del supporto di un insegnante. Quindi l’idea dell’Universal Design for Learning è proprio di andare a lavorare e di incidere sulla zona 2 che naturalmente è assai diversa da individuo ad individuo. 

L’Universal Design for Learning si basa su studi che affondano le radici nelle neuroscienze, ovvero le modalità attraverso il quale il nostro cervello apprende. Sostanzialmente il nostro cervello attiva, nei processi di apprendimento, 3 diverse reti di apprendimento che sono tra loro interconnesse.
Questo 3 è un numero chiave perché poi ritornerà tra poco in quelli che sono i 3 principi chiave per l’appunto dello Universal Design for Learning e che si basano proprio su: 

  • La rete di riconoscimento, “il cosa apprendiamo”, e quindi la capacità di progettare curricoli che riescano a fornire molteplici forme di presentazione e rappresentazione dei contenuti per dare agli studenti diverse opzioni nell’acquisire informazioni e conoscenze; si basa quindi sulla rete del riconoscimento. 
  • La rete strategica, “il come apprendiamo”, e quindi in questo caso l’Universal Design for Learning tenta di proporre, fornire diverse forme di azione, di elaborazione, di espressione per consentire agli studenti di essere attivi, di agire sul contenuto che hanno appreso o la conoscenza che hanno appreso per esperirla e per dimostrare che riescono ad esperirla 
  • La rete neurale, “del perché apprendiamo” che affonda le radici sul complesso e articolato tema della motivazione e infatti richiama in gioco un’area, neurale nel nostro cervello che è proprio quello della rete affettiva per cui occorrerà pensare curricoli che siano in grado di fornire molteplici forme di coinvolgimento per dare, a studenti che sono diversamente interessabili, diversamente coinvolgibili nei processi di apprendimento, degli stimoli. Una vera e genuina motivazione ad apprendere. Quindi di nuovo, ancora una volta vediamo come questi principi, che si basano su queste reti neurali, prendono le distanze da una logica one-size-fit-for-all cioè un abito a taglia unica. 

Questi sono i tre principi del Universal Design for Learning. A breve vedremo qual è l’architettura di tutto il curriculo pensato in questa logica quindi: 

  • il primo è fornire molteplici mezzi di rappresentazione 
  • Il secondo è fornire molteplici mezzi di azione ed espressione 

Nel primo caso è quasi una posizione di ascolto e comprensione e nel secondo caso è una posizione di scrittura tra virgolette ovvero di azione sul contenuto appreso.

  • il terzo livello è fornire diversi mezzi di coinvolgimento, come dicevamo poc’anzi, il livello della motivazione.

La scelta di questi tre principi si baserebbe proprio su queste tre aree del cervello che abbiamo ricordato nella slide precedente che vanno proprio a attivare, sollecitare delle aree diverse della nostra corteccia: 

  • la prima area neurale attiva è quella posteriore, per la capacità di riconoscimento e quindi di poter agganciare un contenuto nuovo, un contenuto che è già nella nostra nella nostra memoria; 
  • la seconda area neurale attiva è quella frontale della corteccia, per tutte le capacità in azione quindi motorie ed esecutive;
  • la terza area neurale attiva è quella mediana del sistema nervoso, per tutto ciò che è sfera affettiva ed emotiva
principi delle udl

Qua si vede proprio in chiave visiva la diversa attivazione dei tre livelli del nostro cervello.

Quindi l’Universal Design for Learning affonda le radici sulle modalità attraverso le quali la nostra mente apprende e sulla base di questo va a costruire la propria progettualità, la propria proposta per progettare e ripensare un curriculo che sia inclusivo per chiunque, a 360°. 

Ma qual è l’architettura dell’Universal Design for Learning per una speciale normalità? Siamo tutti speciali e diversi. 

Si basa, come abbiamo già anticipato, sull’ individuazione di 3 principi che a loro volta richiamano queste reti neurali, ciascuno dei 3 principi è strutturato in altrettante linee guida, quindi tre linee guida per ciascuno fanno 9 linee guida in totale, complessivamente queste 9 linee guida danno origine a dei punti di verifica.

Vedremo adesso che cosa sono questi principi e le semplificazioni che permettono all’educatore, al docente e a chiunque voglia rendere accessibile un contenuto progettato in questa modalità. 

  1. Il primo principio risponde alla domanda cosa apprendere e , lo ricordiamo, si basa sulla logica di fornire molteplici mezzi di rappresentazione. La lezione dialogata, raccontata va bene per alcuni ma non va bene per molti quindi questo principio viene ulteriormente suddiviso in tre linee guida: 
  • fornire opzioni alla percezione 
  • fornire opzioni alla lingua e ai simboli
  • fornire opzioni alla comprensione 

A ciascuna di queste linee guida corrispondono i punti di verifica di cui parlavo poc’anzi, ovvero si cerca di dettagliare queste linee guida in un livello sempre più minuzioso di passaggi che poi portano alla progettazione del curricolo. Ne vedremo a breve degli esempi. 

  1. Il secondo principio è quello del come, quindi fornire molteplici mezzi di azione ed espressione che suddivisi nelle tre linee guida diventano: 
  • fornire opzioni all’azione fisica 
  • fornire opzioni per le abilità espressive e la fluidità 
  • fornire opzioni per le funzioni esecutive 
  1. Il terzo principio è quello del perché, ovvero quello della motivazione. Quindi fornire molteplici mezzi di coinvolgimento e le sue 3 linee guida sono: 
  • fornire opzioni per suscitare interesse 
  • fornire opzioni per uno sforzo sostenibile e la perseveranza nel compito perché una motivazione potrebbe anche spegnersi strada facendo 
  • fornire opzioni per l’autoregolazione

Vediamo nel dettaglio i tre principi correlati a punti di verifica ed esemplificazioni

Principio 1 – è basato di nuovo sulla logica del cosa, quindi sul principio che ogni individuo interpreta, comprende l’informazione in modo diverso. Non può esistere un unico mezzo di rappresentazione del contenuto, di un pezzo di informazione che sia adatto universalmente ai bisogni di tutti gli studenti.
Le 3 linee guida propongono dei punti di verifica e delle esemplificazioni:

  • la linea guida 1 è quella di fornire opzioni alla percezione cioè modi diversi di percepire le informazioni. Chiaramente è facile intuire come le ICT che entrano in gioco oggi possano fornire un validissimo supporto, una validissima alternativa al libro di testo mono-codice.
  • la linea guida 2 è fornire opzioni alla lingua e ai simboli per cui emerge spesso la disuguaglianza quando l’informazione è rappresentata attraverso un’unica forma di rappresentazione per esempio i simboli del linguaggio matematico che devono essere chiariti.
  • la linea guida 3 è fornire opzioni alla comprensione cioè lo scopo dell’insegnamento non è solo rendere accessibile l’informazione ma insegnare agli studenti come trasformare le informazioni accessibili in una conoscenza spendibile e trasferibile; un classico esempio è quello delle mappe concettuali.

2. Principio 2 – quello dell’azione sul contenuto, la parte più attiva della manipolazione cognitiva, il come fornire molteplici mezzi di azione, di espressione basandosi sulla logica che l’apprendimento implica qualcosa di più di una semplice e mera acquisizione dell’informazione. L’apprendimento è uno sforzo dinamico, quindi attivo, performativo ed espressivo. 
Le tre linee guida sono: 

  • fornire opzioni all’azione fisica per cui il libro o un testo scritto sono in se i mezzi di esplorazione di interazione fisica molto limitati.
  • fornire opzioni per l’espressione e la comunicazione quindi laddove per esempio un alunno con dislessia può eccellere nel raccontare una storia, ovviamente sarà limitato e fallirà nel raccontare la medesima storia in forma scritta. 
  • fornire opzioni per le funzioni esecutive e quindi questo ci richiama ad un livello più alto delle nostre capacità umane, che mettiamo in gioco quando abbiamo bisogno di apprendere, di auto- organizzarci, di fissare degli obiettivi a medio e a lungo termine. Ci spostiamo verso una dimensione di pensiero critico e occorrerà prevedere una guida per fissare gli obiettivi e per sostenerli.

3. Principio 3 – legato alla motivazione, del perché dovrei apprendere e quindi in questo caso la diversità e l’universalità la si ottiene fondendo molteplici mezzi di coinvolgimento.
I principi dell’andragogia puntano moltissimo sulla necessità di coinvolgere, interessare attivamente, spendere bene il tempo dedicato alla formazione. 

Le domande che rispondono a questo principio sono cosa motiva ad apprendere, cosa mi porta a perseverare in un compito anche quando questo è un compito noioso? Anche in questo caso la diversità, l’eterogeneità della variabile umana è ampissima. Molti studenti lavorano bene quando hanno una routine rigida mentre altri sono più efficienti quando sono lasciati più liberi di operare.
Rispetto a questo terzo ed ultimo principio le linee guida sono: 

  • fornire opzioni per attirare l’interesse ricordandoci che gli studenti si differenziano profondamente tra loro e che lo stesso studente, nel tempo può modificare le sue manifestazioni di interesse. Un elemento chiave in questa fase può essere determinato dalla progettazione di attività autentiche 
  • fornire opzioni per il mantenimento dello sforzo e della persistenza, la diversa capacità di autoregolarsi da parte dello studente non rende semplice la progettazione di sfide “educative” da parte del docente. Occorre prestare attenzione e prevedere delle sfide e delle azioni di supporto che non siano troppo difficili, perché altrimenti si rischierebbe di frustrare lo sforzo degli studenti facendogli vivere il fallimento come qualcosa di negativo che abbassa la motivazione a fare sempre meglio. Ma al tempo stesso il compito, la sfida non può essere troppo facile perchè rischierebbe di annullare ogni tipo di sforzo. Un elemento chiave in questa fase può essere quello del feedback, che fa di una lezione, una lezione efficace come evidenziato da Hattie, pioniere degli studi basati sull’evidenza empirica, nel suo libro “Visible Learning”. 
  • fornire opzioni per l’autoregolazione e quindi aiutare, con un curricolo progettato per step, gli studenti a modulare reazioni e stati emotivi. Chiaramente alcuni studenti saranno in grado di raggiungere questo livello di complessità da soli, altri avranno difficoltà e andranno orientati e guidati. 


In conclusione, qui è presente tutta l’architettura. Ho parlato dei tre principi, ho parlato delle 9 linee
guida ho accennato all’esistenza di 31 punti di verifica. Ne ho rappresentati soltanto alcuni per
far comprendere la gradualità che ci porta dal principio, alla linea guida, al punto di verifica ed alcuni esempi di realizzazione guidano il docente nella progettazione di un curricolo.
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